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Astronomia: 2016, anno bisestile. Il perché secondo la fisica

Astronomia: 2016, anno bisestile. Il perché secondo la fisica

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L’anno bisestile è un anno solare in cui avviene la periodica intercalazione di un giorno aggiuntivo nell’anno stesso, un accorgimento utilizzato in quasi tutti i calendari solari per evitare lo slittamento delle stagioni.

La Terra impiega 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi a completare un’orbita intorno al Sole. Il calendario gregoriano, quello che utilizziamo, conta però soltanto 365 giorni. Dunque arrotondiamo di circa 6 ore l’anno: se non aggiungessimo un giorno ogni 4 anni, nell’arco di un secolo il calendario astronomico e quello umano sarebbero sfasati di 24 giorni.

L’anno bisestile fu introdotto ai tempi dei Romani: nel 46 a.C., Giulio Cesare, per pareggiare i conti con le sei ore circa che ”avanzano” ogni anno dai 365 giorni canonici,
seguendo i calcoli dell’astronomo Sosigene di Alessandria introdusse nel calendario un giorno in più ogni 4 anni, subito dopo il 24 febbraio. E poiché il 24 febbraio in latino era il “sexto die ante Calendas Martias”, quel giorno diventò il “bis sexto die”, da cui la denominazione ”bisestile”.

Il calendario occidentale è legato all’anno tropicale, ovvero il tempo trascorrente tra due successivi equinozi di primavera. In quel preciso momento, la posizione del Sole nel cielo è esattamente dove l’eclittica (il percorso che il Sole compie attraverso le costellazioni dal punto di vista terrestre) attraversa l’equatore celeste (la proiezione dell’equatore terrestre sulla sfera celeste). Qui, il Sole spartisce il suo tempo esattamente a metà tra il lato diurno e il lato notturno della Terra. Un osservatore terrestre vedrà ritornare l’astro nello stesso identico punto dopo un anno. Per la precisione, dopo 365.24219 giorni.

Quello che accade, quindi, è che trascorsi 365 giorni, rimangono ancora 0.24219 giorni (ovvero poco meno di sei ore) da passare prima che la Terra torni esattamente sulla linea dell’equinozio. Bisognerebbe quindi aggiungere ogni quattro anni 0.96876 giorni per compensare. Arrotondando a un giorno intero, come effettivamente facciamo, s’introduce una sovra-compensazione di poco superiore ai 10 minuti in media l’anno.
A sottrarre un giorno ogni tanto, in modo da far quadrare i conti anche sul lungo periodo, ci ha pensato il calendario gregoriano, quello attualmente in vigore, istituito nel 1582 da Papa Gregorio XIII anche per risolvere il problema del calcolo della Pasqua, su cui l’approssimazione giuliana aveva introdotto un errore rilevante.

La regola del calendario gregoriano è la seguente: un anno è bisestile se il suo numero è divisibile per 4, con l’eccezione degli anni secolari (quelli divisibili per 100) che non sono divisibili per 400. Per questo motivo, l’anno 2000 aveva il 29 febbraio sul calendario, al contrario dei secoli precedenti – eccetto il 1600, bisestile pure quello -, anche se magari a nessuno la cosa è parsa straordinaria.

Anche con la correzione gregoriana rimane qualche secondo di approssimazione, un piccolo errore che comunque è (in media) di un ordine paragonabile alle variazioni naturali nel rapporto tra il periodo rotazionale della Terra (il giorno) e il suo periodo di rivoluzione (l’anno). Per tenere conto di questi effetti, ogni tanto lo International Earth Rotation and Reference Systems Service decide di togliere o aggiungere un secondo alTempo Coordinato Universale (UTC), com’è stato fatto il 30 giugno del 2015, principalmente per compensare  il rallentamento della rotazione terrestre dovuto all’attrazione gravitazionale della Luna.

Gli astronomi esprimono il tempo attraverso il giorno siderale, che è il tempo che impiega la Terra a ruotare di 360 gradi rispetto alle stelle, un sistema di riferimento che elimina la complicazione dell’orbita terrestre attorno al Sole. Se volete sapere perché il giorno solare dura in media quattro minuti più del giorno siderale, consigliamo la breve e chiara spiegazione che Luca Perri, dottorando all’INAF di Milano, diede durante il concorso Famelab Italia 2015.

fonti di riferimento: MEDIA INAF – WIKPEIDIA

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