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Pinocchio secondo D’Alò

Pinocchio secondo D’Alò

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(Di Carlo Di Stanislao) La storia di Pinocchio è una delle preferite di adulti e bambini da quando Carlo Collodi la scrisse alla fine del 1800. Diventato un classico della letteratura per ragazzi, sulla figura del celebre burattino sono stati scritti saggi e ricerche; sono stati girati film, create animazioni e opere teatrali. Una di queste si è aggiudicata lo scorso settembre 2012 il premio della giuria di Festebà, festival di teatro ragazzi promosso da Circi e Comune di Ferrara e coordinato da Anna Giuriola, che va in scena ormai da sei anni nell’ambito di Estate bambini, festa di fine estate delle famiglie ferraresi.

Dal romanzo di Collodi Carmelo Bene trasse una piece andata in scena per la prima volta nel 1961 al Teatro Laboratorio di Roma, con repliche nel 1966, 1981 e 1998, una versione adattata per la televisione nel 1999, tre edizioni radiofoniche e una discografica, dove il burattino che si fa bambino rappresenta r l’incapacità, il rifiuto o impossibilità di crescere, quasi preveggendo che, dopo l’infanzia, dove tutto appare così indefinito e onnipotente, inizia l’imputridimento.

Orta Pinocchio torna al cinema, in un cartoon che ha richiesto l’intervento di quattro paesi, quattro anni di lavorazione e più di 500 persone impiegate.

Sarà nelle sale il prossimo 21 febbraio ed è l’ ultima fatica di Lucio Dalla, che ne ha composto le musiche e prestato la voce al Pescatore verde, diretto da Enzo D’Alò, con disegni  pastello di Lorenzo Mattotti, presentato alla 69esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Settimana della Critica, con qualche distinguo qua e là dal romanzo di Collodi, mas senza le libertà che ad esempio Walt Disney decise di prendersi nella sua versione.

Enzo D’Alò punta ad una narrazione semplice con personaggi ben scritti e ben delineati, aiutati nella riuscita del film anche dallo stile inconfondibile dell’autore, che tutti ricordano per “La Gabbienella e il Gatto. Geniale la trovata di trasformare il Gatto e la Volpe in una “coppia di fatto” e, in controtendenza, di impiegare molto 2D e poco 3D.

Certo l’avere alle spalle sul piano dell’animazione l’edizione disneyana e sul versante cinematografico la versione di Comencini e quella di Benigni ha un suo peso, ma non rilevante, da momento che D’Alò ha voluto essere originale e, come ha dichiarato, la morte del padre gli ha fornito l’occasione per ripensare al loro rapporto e per guardare da un punto di vista innovativo al personaggio di Geppetto.

L’ultimo film di d’Alò prima di questo (Opopomoz), risale al 2003, poi sono seguiti i vari film sulle Winx e i Gladiatori firmati da Iginio Straffi, perché sembra che rischiare su un genere, il cartoon, che in Francia viene tenuto su un piedistallo, dalle nostre parti non piaccia. Tra una serie di tira e molla, la favola più tradotta al mondo firmata d’Alò, Mattotti (personaggi e ambientazioni) e Lucio Dalla (musiche) invaderà 200 sale grazie a Lucky Red e uscirà contemporaneamente in Belgio, Lussemburgo e Francia (i paesi coproduttori).

Dicono coloro che lo hanno visto in anteprima che la chiave di lettura è espressa dal flashback sul bambino Geppetto, creativo e sognatore: padre e figlio sono sullo stesso piano e lo scapestrato protagonista è meno colpevolizzato.

E dicono che affascinante è il disegno di Lorenzo Mattotti e tenero l’addio musicale di Lucio Dalla. Dicono, infine, che è certamente da vedere.

Vedremo se D’Alò supererà la versione migliore sin’ora, quella di Luigi Comencini, realizzata nel 1971 e trasmessa a puntate su Rai1 e vedremo se il genio italiano saprà essere più poetico di quanto non abbia fatto Spielberg in A.I. – Intelligenza Artificiale (2001), dove Pinocchio e soprattutto la Fata Turchina, vengono citati frequentemente e con profondo, toccante lirismo.

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