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Amore oltre il tempo

Amore oltre il tempo

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(Di Carlo Di Stanislao) L’amore può tutto, anche vincere le barriere del tempo e la morte come racconta in fondo Bram Stocker nel suo celebre romanzo o come, al cinema, ha fatto Jim Jarmusch, americano del Mid-West (Ohio), premiatissimo in passato dal Festival di Cannes e dal Sundance (basta ricordare Mistery Train, il corto Coffee and Cigarettes, Broken Flowers)., con i vampiri di Only lovers left alive, diversissimi da quelli pop di Twilight e dai loro epigoni televisivi e cine-seriali, ma anche da quelle disperatamente innamorati di Coppola e di Herzog.

Anche in “Storia d’inverno” l’amore sfida il tempo e la morte e fa da pacificatore e da sterminatore, come una fiamma che incolla e brucia le ossa, dove le dimensioni temporali si spostano continuamente, mentre lo sfondo è sempre New York , città tutt’altro che tranquilla e anzi animata da un sottobosco di gang che si fronteggiano per imporre confini e potere; con Colin Farrel che si muove fra questa violenza – non troppo marcata ma “efficace” – nei panni di un ladro gentiluomo che resta folgorato da una fanciulla vergine e bella, ma purtroppo malata e destinata a un’amarissima fine. Non mancano elementi rubati alle fiabe, come demoni e cavalli alati, e il tutto viene avvolto in un’atmosfera da sogno.

Brown Findlay eterea e leggiadra al punto giusto, Russul Crowe grande nella sua interpretazione del cattivo, un Farrel in splendida forma, rendono la versione cinematografica del romanzo di Helprin piuttosto suggestiva, nonostante il ricorso, talvolta eccessivo, al clima fantasy.

Lo ha firmato Akiva Goldsman, alla sua prima regia, famoso come sceneggiatore, autore delle partiture di A Beautiful Mind (che gli è valsa il Premio Oscar) e script di numerose pellicole poi diventate famose come Cinderella Man, Io sono leggenda e Il Codice Da Vinci.

La parte migliore è la prima, ambuientata nella New York del 1916, descritta in modo sognante, con una maestà visiva basata su fotografia, scenografia e ambientazioni d’effetto e una colonna sonora (scaricabile su: http://www.cineblog.it/post/376625/storia-dinverno-la-colonna-sonora-di-winters-tale ), fra le cose migliori di quel gigante che è Hans Zimmer.

Nella seconda parte, ambientata ai nostri giorni, plot e narrazione si perdono, gli eventi si susseguono troppo rapidamente ed assumono dinamiche decisamente confuse.

A parziale scusante la enormità di comprimere in due ore di girato le ottocento pagine dell’omonimo romanzo di Mark Helprin uscito nel 1983, operazione non facile ma che in fondo Goldsman riesce a portare in fondo in modo non sacrilego ed anzi piuttosto dignitoso.

In fondo, con tono da favola, un buon omaggio a New York, città piena di suggestioni, dalla Grand Central Station, nelle cui soffitte vive il protagonista, il meccanico e ladro Peter Lake – omologo americano di Hugo Cabret (portato al cinema lo scorso anno da Scorsese) – ai paesaggi innevati che fanno da sfondo a una storia che attraversa magicamente un secolo.

Due parole, infine , sulle guest star. Del tutto incongruo e spaesato nel ruolo del Giudice è Will Smith la cui amichevole partecipazione non aiuta la sospensione dell’incredulità, mentre è splendida, in una brevissima apparizione, la quasi novantenne Eva Marie Saint, icona e leggenda del cinema che fu, indimenticabile in Intrigo Internazionale, Fronte del Porto, Exoxdus e, più di recente (2006), in “Superman returns”.

Per il ruolo del protagonista di “Storia d’inverno”, sono stati presi in considerazioni Tom Hiddleston, Garrett Hedlund, Aaron Taylor-Johnson, Luke Evans, Liam Hemsworth e Benjamin Walker, prima che fosse definitivamente scelto Colin Farrel, appositamente ringiovanito per la prima parte del racconto. Iralandese ribelle dalle mille dipendenze, a 31 anni era stato consacrato come attore di serie A da Woody Alen, che lo avevo voluto per Sogni e delitti e qui conferma il suo grande talento, Tony Farrell, interpretando in modo credibile un eroe romantico con tanto di cavallo alato che viaggia nel tempo per amore, come in un racconto del realismo magico sudamericano, che si “scioglie” per amore ed in fondo è incapace di scendere a compromessi con la durezza della vita.

Furono Tim Roth e Kevin Spacey a lanciarlo, poi fece Tigerland e Interview lo mise in cover, interpretando magistralmente la ribellione autodistruttiva di James Clarence Mangan (1803-1849),  il poeta maledetto della letteratura irlandese, Poi si è tatuato e rasato la testa per Daredevil e, invece della fede (unico matrimonio, con Amelia Warner, a 25 anni, 4 mesi e neppure valido, pare), si fece incidere sull’anulare un Milly (vezzeggiativo di lei).

Poi si è fatto biondo platino per Alexander, con rumor su un flirt con Angelina Jolie, sua madre nel film.

A poi recitato con Tom Cruise e Jeff Bridges, Keira Knightley e Salma Hayek e Jennifer Aniston, ha sostituito Heath Ledger, dopo la sua morte, nelle scene rimanenti di Parnassus di Terry Gilliam (lui, Jude Lawe e Johnny Depp) e non ha avuto paura di rifare Total Recall al posto di Schwarzengger.

E’ riuscito a tenere testa ad Al Pacino, ma anche a scappare a nascondersi sui canali di In Bruges, quando la pressione di Hollywood era troppo forte, facendoci scoprire un altro ed ha difeso il fratello gay dichiarato, al Toronto Film Festival, sceso dal red carpet per assistere un homeless.

Adesso è magistrale in “Storia d’inverno” e magnifico in “Saving Mr Banks e Liv Ullman, l’ha voluto in Miss Julie, girato in un villaggio isolato dell’Irlanda, di quegli che a lui piacciono tanto, con già uno slot assicurato al prossimo Festival di Cannes, mentre sta per iniziare le riprese di Solace, dove duellerà con Anthony Hopkins.

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