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Ho vissuto una settimana senza reggiseno ed ecco cosa mi è successo

Ho vissuto una settimana senza reggiseno ed ecco cosa mi è successo

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Che impatto ha il reggiseno sulla vita di una donna? Perché c’è chi lo difende e chi lo rifiuta? Ho deciso di vivere una settimana senza reggiseno ed ecco cosa mi è successo.

Si dice che ci rendiamo conto di quanto teniamo a qualcuno, o a qualcosa, quando ormai non c’è più. Sentire la mancanza ci aiuta dunque a comprendere il valore di persone ed oggetti che, diversamente, diamo per scontati o ai quali non diamo il giusto valore quando fanno parte della nostra quotidianità.

In queste settimane ho provato a vivere “senza smartphone”, “senza sorrisi” e “senza dire grazie”, insomma mi sono messa in relazione con il mondo in un modo diverso rispetto a quello che mi appartiene di solito. Questa volta però ho scelto di mettere alla prova l’assenza di un oggetto che riguarda il privato e sull’utilità del quale si è spesso discusso senza arrivare ad una conclusione: ho vissuto una settimana senza reggiseno, ed ecco cosa mi è successo.

Giorno 1

Sono sempre stata una grande sostenitrice del reggiseno in tutte le sue forme e colori, eccezion fatta per quelli che spuntano dai top a fascia, in questa caso credo che sarebbero da evitare certi indumenti quando non è possibile indossarli come previsto. Trovo giusto stare dalla parte di chi mi “sostiene” da ormai 18 anni, per questo mi è dispiaciuto metterlo da parte questa mattina. Non posso negare che la sua assenza si fa sentire. Quando porti una terza non puoi certo essere a tuo agio mentre parli con le persone e passeggi per strada consapevole della “libertà che porti addosso.

Giorno 2

Le ore passano e, se di notte ammetto di aver notato un certo vantaggio nel dormire senza reggiseno, di giorno proprio non riesco a non pensarci, devo trovare una soluzione per aggirare l’ostacolo. Opto quindi per l’utilizzo delle classiche canotte a spalla larga elasticizzate e aderenti con l’aggiunta di due dischetti struccanti ben posizionati per evitare l’effetto “capezzoli egocentrici” che non aiutano a limitare l’imbarazzo.

Giorno 3

Per la serie, come direbbe Caparezza, “Diciamo diciamo diciamo diciamo un sacco di c*****e!”, studi contrastanti affermano a giorni alterni i rischi o i vantaggi del reggiseno indossato durante il giorno o la notte. L’idea di base è che sostenendo il nostro seno, questo indumento ci aiuti a contrastare la nemica di tutte le donna: la gravità. Poi però c’è chi invece dichiara che proprio la presenza del reggiseno impigrisca i nostri muscoli destinati quindi a rilassarsi con il risultato che ci ritroviamo con il seno sotto le ginocchia. Ammetto di essere una sostenitrice della prima ipotesi, motivo per cui ho sempre indossato il reggiseno, giorno e notte, però sono quasi a metà settimana e inizia a venirmi qualche dubbio.

Giorno 4

Non ho segni sul muscolo elevatore della spalla, quello che mantiene il nostro seno e su cui si poggia il reggipetto. Non ho segni lungo il sottoseno. Non ho prurito. Non ho mal di schiena. Inizio a pensare che girare senza reggiseno non sia poi così male.

Giorno 5

C’è un problema che sussiste… il “capezzolo egocentrico”. Il problema è sempre lui perché la comodità è innegabile, ma è praticamente impossibile indossare una t-shirt aderente senza notare la sua presenza ingombrante che si palesa nei momenti più improbabili.

Giorno 6

Pensavo che durante il trekking avrei risentito molto dell’assenza del reggiseno, è così è stato. Certo non mi mancano i segni degli elastici o il dolore alla schiena, però manca la sensazione di “libertà” di movimento che il reggiseno assicura. Oggi non sono più tanto convinta che stare senza reggiseno sia comodo.

Giorno 7

Finalmente l’ultimo giorno è arrivato. Rifletto sulle ore trascorse e mi rendo conto che, per una settimana, mi è sembrato di stare in pigiama. L’abitudine a credere che la comodità sia da associarsi all’abbigliamento “da casa” o “da influenza” mi ha completamente traviata. Inoltre mi accorgo di avere una postura più curva, ingobbita, di aver vissuto più timidamente le relazioni con le persone e di aver cercato di nascondere il mio corpo per la maggiorparte del tempo. Posso solo immaginare il disagio che avrei provato a sperimentare questa settimana d’estate. La consapevolezza di non avere addosso il reggiseno mi ha impedito di stare con la schiena dritta per la “paura” che si potesse notare il “grande assente”. Per non parlare della convinzione che la gravità abbia agito indisturbata vista la latitanza del suo acerrimo nemico, il reggiseno. Insomma, per un attimo mi ero convinta a passare al lato oscuro del “burn your bra”, ma alla fine credo che resterò con il mio amato reggiseno, o forse no.

Perché tutta questa indecisione? Perché c’è una cosa che ho capito da questa esperienza. Il disagio che ho provato non è mai stato per un momento legato ad una vera questione di comodità, che semmai resta indubbia. Ciò che mi spinge, e che forse spinge in generale le donne con un seno di una taglia “notabile”, ad utilizzare il reggipetto è la reazione degli altri. Come si incrocia l’occhio indiscreto che osserva e che prova piacere a vedere una donna in maglietta senza reggiseno, stimolando imbarazzo, capita anche di avere a che fare con lo sguardo moralista di chi, maschio o femmina che sia, reputa “volgare” una donna prosperosa senza adeguata copertura o di chi ritiene che superata una certa età e tonicità sarebbe più opportuno utilizzare un sostegno. Insomma, l’eterna lotta delle donne che devono essere belle e giovani più per gli altri che per sé stesse trova il suo spazio anche nell’intimo femminile. Per questo ho deciso di sostenere, il più possibile, la causa del Burn Your Bra per emancipare prima di tutto noi stesse da… noi stesse, solo a quel punto anche i maschietti potranno adeguarsi.

(fanpage.it)

 

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