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A Trovajoli,  un addio in ritardo

A Trovajoli, un addio in ritardo

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(Di Carlo Di Stanislao) Autentico signore, persona colta e raffinata, musicista eccellente e compositore superbo, il “maestro”,  come veniva unanimemente chiamato, se ne è volato via in silenzio,  con quella classe che lo ha sempre contraddistinto.

La sua idiosincrasia per le celebrazioni era proverbiale, come l’ umiltà, che lo portava a dire, dopo che aveva  suonato con tutti i grandi del jazz (Duke Ellington, Miles Davis, Chet Baker,Louis Armstrong, Stephan Grappelli, Django Reinhardt ed altri ancora) e composto più di 300 colonne sonore, “sono un modesto artigiano”.

Armando Trovajoli è morto  nella sua Roma e se ne andato in silenzio, senza funerali né schiamazzi sulla stampa, con solo un necrologio dettato dalla moglie Maria Paola, alcuni giorni dopo il decesso.

Aveva 95 anni e stava lavorando alla versione teatrale della “Tosca” riscritta per la scena da Luigi Magni, regista con cui aveva già lavorato nel 1973, sempre per una versione, ma cinematografica,  del  dramma romano-papalino di Giacomo Puccini (tratto dal testo del francese Victor Sardou, ripassato per la penna del gran duo Giacosa-Illica), dedicato all’amore sbagliato e sovversivo della bella cantante per il pittore Cavaradossi, protettore di patrioti anti-vaticani, virando il dramma in commedia e recuperando il suono sardonico e cinico della romanità ottocentesca: quello d’una comunità ferma e violenta, ancora per poco incolume all’onda rivoluzionaria del secolo che l’avrebbe vista soccombere all’Italia unita.

Si è fatto cremare Trovajoli, l’autore di “Roma non fa la stupida stasera”, ma anche  di colonne sonore indimenticabili per p Riso amaro, Un giorno in pretura, La ciociara, C’eravamo tanto amati, Profumo di donna, Una giornata particolar e, in teatro,  Rugantino, Aggiungi un posto a tavola ed altri allestimenti soprattutto del duo Garinei e Giovannini.

A Roma era nato nel 1917 e lì aveva studiato violino prima  e poi piano, diplomandosi con onore al Conversatori di Santa Cecilia.

E a Roma aveva dedicato tutta la sua musica, che registrava i cambiamenti della Città Eterna, ma sempre con l’orecchio attento ai motivi della tradizione popolare dell’Ottocento, con brani come Ciumachella de Trestevere, cavallo di battaglia di Lando Fiorini prima e Aldo Donati poi o  L’omo mio per la voce di  Lea Massari e Alida Chelli.

Eclettico e versatile, è stato anche capace di confezionare successi a per due dive del nostro cinema, le bellissime Sophia Loren e Silvana Mangano, componendo per la prima  la musica di “Che m’è mparato a ffà”, con versi di Dino Verde e, per la seconda, “El negro Zumbon”, soundtrack del film “Anna” di Lattuada, che la Mangano cantò in playback (la voce era quella della sanremese Flo Sando’n) mentre ballava, in quella che è diventata una scena cult del cinema, rimasta nell’immaginario collettivo per la sensualità che sprigionava sulle note di quel ritmo d’ispirazione tropicale.

Nel 2007 aveva ottenuto il Premio Speciale David di Donatello alla carriera e due anni dopo, aveva  collaborato  al nuovo disco di Renato Zero, partecipando, il 20 giugno, al concerto allo Stadio Olimpico “Corale per l’Abruzzo”, in favore dei terremotati de L’Aquila.  Nel 2010, poi, aveva anche ricevuto il  Premio Federico Fellini 8 1/2 per l’eccellenza artistica al Bif&st di Bari.

Pochi mesi fa, per celebrarlo, la GDM/Universal ha pubblicato un triplo CD: il primo conle musiche delle commedie di Garinei e Giovanni, il secondo con le colonne di film come Sette uomini d’oro, La visita con Severino Gazzelloni al flauto e lo stesso Trovajoli al piano e Love Is A Woman, brano tratto dal film Il commissario Pepe e il terzo, con alcune sue canzoni, fra cui Amori proposta dalla sempre intensa Mia Martini Ma Dio addò sta, interpretata da Sophia Loren nel film tv La ciociara.

La mia “traccia” sonora preferita, è quella scritta per “Profumo di donna”, film diretto nel 1974 per Dino Risi, tratto da “il buio e il miele” di Giovanni Arpino, capace di sottolineare in modo non invadente la struggente di  Fausto Consolo, capitano in pensione, rimasto cieco a causa di un’esplosione accidentale, che, nella Napoli in cui si è recato per trovare l’amico Vincenzo, anch’egli non vedente, fa innamorare la giovane figlia di lui, Sara.

Un film che, oltre a segnare il passaggio al dramma di un maestro della commedia, grazie agli interpreti e alla musica, è un sagace cocktail di sarcasmo e pietà, ironia e amarezza, che Hollywood cercò di scimmiottare con Martin Brest e, per protagonista, Al Pacino, nel 1992, che risulta invece soltanto manierato.

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