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Bertolucci in 3D e i fratelli Coen a Cannes

Bertolucci in 3D e i fratelli Coen a Cannes

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(Di Carlo Di Stanislao) Grande giornata ieri a Cannes per tre autori psichedelici e surreali, il nostro Bernardo Bertolucci (prossimo presidente di giura a Venezia e premiato con la Palma D’Oro alla carriera due anni fa), che rivede commosso ed entusiasta, dopo 25 anni e in 3 dimensioni, il suo “Ultimo Imperatore”, vincitore di 9 Oscar ma mai andato a Cannes ed i fratelli Coen che incendiano il cuore di giornalisti e pubblico con il loro ““Inside Llewyn Davis” su un protagonista del folk squattrinato e malinconico, anche a causa del fatto che il collega con cui formava un duo si è suicidato, con un film in cui si ride parecchio, ma con sullo, il dolore sordo di questa perdita che amplifica la solitudine. Una solitudine nata dallo spezzarsi di un duo che, è proprio come quello che formano da sempre Joel e Ethan. Un “non protagonista” dell’America degli anni ‘60: il mite e ordinario professore di fisica Larry Gopnik, che diviene musicista frustrato e squattrinato col col nome di Llewys Davis, che, ostinato a voler riformare il folk con la sua musica, ma rifiutandosi di scendere a compromessi col sistema e il mercato, si autocondanna a soccombere nonostante il talento. Il tutto ovviamente narrato con l’inconfondibile stile alla Coen: situazioni tragicomiche, personaggi bizzarri, fra cui un graziosissimo Justin Timberlake ed un gatto rosso (in realtà sei gatti per il personaggio) che non a caso si chiama Ulisse e, naturalmente, dialoghi esilaranti.
I Coen fanno centro, con un primo tempo degno delle loro migliori produzioni, raccontano il mondo dei locali folk di New York nei primi anni Sessanta, con una gentilezza dello sguardo ed una precisione della direzione della fotografia che sono commoventi e che ci dicono che non sono affatto invecchiati e dii avere ancora quel tocco (ironico, intelligente, surreale) che li ha resi, proprio qui a Cannes, film dopo film, soprattutto Barton Fink (Palma d’oro ’91) e ancora Il grande Lebowski e Fargo. Quanto al film di Bertolucci, restaurato in 4K e sottoposto a trasformazione 3D a cura della Cineteca di Bologna (che ha già pronta una edizione straordinaria, dal 29 giugno al 6 luglio di “Cinema perduto”), sembra una stereoscopia ottocentesca, in cui l’effetto profondità acuisce la solitudine di un personaggio al’apparenza potente ma invece lasciato costantemente solo.
Bertolucci si commuove di fronte al suo stesso prodotto che con coerenza barocca esprime il suo modo, costante nel variare i temi, di concepire il cinema.
E si concede, soddisfatto, ai giornalisti per dire che se Venezia dovesse imitare Cannes, sarebbe un flop. Poi aggiunge che per lui è stata una terapia stare 10 anni senza girare e che quindi “Io e te”, che sta per ricevee il Nastro D’Argento, ha rappresentato una grande terapia.

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