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Gli altri volti di Corsicato

Gli altri volti di Corsicato

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(Di Carlo Di Stanislao) Prodotto da Tilde Corsi e Gianni Romoli (R&C Produzioni) in collaborazione con Rai Cinema, “Il volto di un’altra, ultimo discusso film di Pappi Corsicato, nelle sale dal prossimo 11 aprile, racconta le disavventure di Bella (Laura Chiatti), affascinante conduttrice di un programma televisivo sulla chirurgia estetica con il marito René (Alessandro Preziosi), medico che esegue in tv i suoi interventi.

Quando gli ascolti del programma vanno giù, approfittano di un incidente d’auto di cui la donna rimane vittima per rilanciarne immagine, a patto di sottoporsi a un intervento chirurgico del marito che ne ricostruisca il volto in diretta televisiva.

Nel cast anche Iaia Forte, nel ruolo di una suora poco etica; Lucilla Agosti, Lino Guanciale, Angela Goodwin e Giancarlo Cauteruccio.

Senza la forza di “Simone”, film di Andrew Niccol, con Al Pacino, uscito 12 anni fa, l’opera non decolla mai ed anzi è un crescendo di piattezza risaputa e ripetitiva, una allegoria senza nerbo sull’effimero mondo della tv, sul culto di un’immagine femminile plastificata e omologante, giocata con più generi, s dal musical alla commedia, che però si fermano sul nascere Nel finale il bagno di autentica merda che annaffia l’Italia, facilmente aggirabile, credulona e ormai sommersa dalla tv trash che imperversa ad ogni ora del giorno e della notte e più disgustoso che significativo.

Corsicato è frenato dall’immancabilmente imperfetta sceneggiatura che un po’ troppo spesso si incaglia, che soffre di ’stanchezza’ e mancanza di rinnovamento ed anche in fondo, da una certa mancanza di coraggio che avrebbe potuto portare il film ad ambire al Marc’Aurelio d’Oro e a divenire un prodotto significativo di questi tempi.

Belli sono solo gli inserti in bianco e nero, che con un riuscito (lui solo) effetto straniante, sottolineano la finzione in cui viviamo – dentro e fuori dal video.

Nel film si ride poco e ci si annoia molto, le volgarità rimangono tali e, alla fine, la pellicola è la metafora di un cinema (grande con Almodovar e buono con Ozptek), che ormai sembra fortemente imbolsito.

In “Il volto di un’altra”, si citano i ritmi delle commedie romantiche di Billy Wilder, i colori dei melò di Douglas Sirk, ma anche le telenovele, con incursioni nel mondo deforme e angosciante di Terry Gilliam e dello stesso Almodovar (il cui penultimo film, La pelle che abito, parlava, appunto, di chirurgia estetica portata alle estreme conseguenze). Ma tutto in modo piatto e senza vera ispirazione.

Niente a che vedere con il servizio su Vogue di Steven Meisel dal titolo “Makeover Madness”, che uscì qualche anno fa e che è un vero capolavoro.

Nato a Napoli 53 anni fa, Pappi Corsicato, ha formato la sua professionalità in modo cosmopolita, trasferendosi giovanissimo in America dove ha studiato danza e coreografia con Alvin Aley.

Ha poi realizzato le musiche per diversi spettacoli teatrali si è accreditato come “visitatore” sul set di Legami!, di Almodovar, realizzando, nel 1991 Libera, un cortometraggio di eccellente fattura.
Nel 1993 integra questa sua prima opera con altri due episodi (Aurora e Carmela) trasformandolo in un lungometraggio, che, presentato al Festival di Berlino riceve il Nastro d’argento come miglior opera prima e il Ciak d’Oro come miglior esordio nella regia. Le rappresentazioni tra parodia, melodramma, commedia, erotismo, l’attenzione per transessuali e casalinghe con il gusto per la trasgressione, l’attenta ricerca per le variazioni di costume, per gli ambienti e per i suoni, evocano il mondo un po’ paradossale rappresentato da Almodovar. Corsicato illumina spazi e dimensioni abbandonati dalla cronaca e dalla fiction, parlando in modo originale e obiettivo dell’entroterra partenopeo, della borghesia smarrita e di un proletariato dimenticato. Nel 1993 dirige I Vesuviani e nel 1995 realizza I buchi neri, storia di uno strano rapporto tra un camionista e una prostituta. Nello stesso anno gira il videoclip “Nun te scurdà” per il gruppo napoletano degli Almamegretta e l’anno dopo “Argento puro”, un documentario-intervista a Marco Ferreri sul set di Nitrato d’Argento. L’ultimo suo film degno di nota resta Chimera (2001), storia disperata di amori contrastati, di matrimoni che si rivelano chimere, un film che si oppone al “muccinismo” imperante, alla tendenza purtroppo presente nel cinema italiano della ricerca dei buoni sentimenti ad ogni costo. Particolare portante la colonna sonora, ispirata a “La donna che visse due volte”, con un décor anni ‘70 – e molto s’ammicca, infatti, al cinema di genere dell’epoca, quello degli Umberto Lenzi e dei Sergio Martino – fatto di interni lucidi e laccati, abiti ed accessori d’un modernariato squisitamente fané, incantati paesaggi e tramonti scarlatti. Un film di grande impatto visivo: volutamente sospeso fra battute da soap opera e recitazione virgolettata, che comunica emozioni e stati d’animo più che inseguire una coesione narrativa.

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