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Il signore del sorriso, tre anni dopo a Roma

Il signore del sorriso, tre anni dopo a Roma

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Domani, con inizio alle 11, all’Auditorium Parco della Musica, la scrittrice Anna Vinci, con l’aiuto dell’Assessore aquilana Stefania Pezzopane, presenterà il suo libro “Il signore del sorriso”,  già portato in scena, a maggio 2011, da Daniela Poggi, con la regia di Sergio Perroni.

Il libro, dell’autrice del celebre saggio “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi”, ci racconta di Berlusconi durante le prime fasi del terremoto de L’Aquila, quando era un tutto un sorriso ed un riflettore, quando tutto sembrava possibile e le promesse si inseguivano, inanellando un futuro ricolmo di speranza.

Romana di nascita, scrittrice regista e conduttrice, Anna Vinci ha lavorato alla radio, in programmi d’informazione ed in televisione si è occupata di programmi culturali,  intervistando scrittori e scrittrici, tra cui Natalia Ginzburg, Dacia Maraini, Vasco Pratolini, Gore Vidal, Jorge Amado, Alberto Moravia, Mario Soldati, nell’ambito di una serie sui grandi scrittori del Novecento.

È inoltre autrice televisiva di trasmissioni sulla storia culturale, sociale e politica del nostro paese, come “I migliori anni della nostra vita” e di trasmissioni di invito alla lettura dei classici, come “Macondo”.

Ha scritto e diretto il video “Leggere la Costituzione con i bambini”, con la partecipazione straordinaria del presidente Carlo Azeglio Ciampi.

Il testo satirico “Il Signore del sorriso”, è stato anche rappresentato alla Comédie Française di Parigi e con largo consenso.

Come scrittrice ricordiamo i romanzi: L’usuraia (Edizioni Associate, Roma 1996), Marta dei vocabolari (Ila Palma, Palermo 1994), Restituta del porto (Voland, Roma 2002). Tra i suoi saggi), La politica con il cuore (scritto con Stefania Pezzopane, Castelvecchi, Roma 2010).

“il signore del sorriso”, come quello sulla P2 e la Anselmi, non è soltanto il retrobottega di un modo di gestire il potere, ma lo scenario di un sistema di governo: quello che documentano i circuiti di telefonate già rilevati da Genchi, un sistema di gruppi che controllano gran parte di tutto ed un gran comunicatore che mistifica con false promesse e grandi sorrisi.

Anche se trovo la scrittura della Vinci troppo pesante e poco fruibile, sicchè il libro assomiglia più a un manuale che a un’opera in forma romanzata. Tuttavia  è certamente apprezzabile per  la precisione delle fonti e per i numerosi  dati forniti.

La narrazione è suffragata da una ricca collezione di appunti, ma non è completamente riuscito, io credo,  il  lavoro sulla forma.

Avremmo preferito che la Vinci avesse rammentato Borges quando diceva: Ci sono pochissimi racconti possibili, ma occorre che ciascuno racconti a modo suo, con circostanze differenti. Ed invece il racconto, organizzato in modo emotivo, si fonda, troppo spesso, su uno sbrodolare di considerazioni e idee che si contorcono, interrompendo il ritmo e inficiando il gusto per la lettura.

 

Se la brevità è una virtù della scrittura in genere, diventa un elemento essenziale per la scrittura di saggi, che altrimenti diventano mosaici di parole,  di pensieri a prestito, d’immagini copiate.

Insomma raccomandiamo alla Vinci di tenere a mente, nel futuro, la lezione di Anacreonte, Goethe e Victor Hugo, intenti sempre a tendere con audacia  tutte le corde, ma capaci, sempre, di farsi ascoltare nel ritmo della loro sincerità.

Insomma, ciò che voglio dire, è che mentre un’opera narrativa di norma è costituita da una successione di periodi anche graficamente uniformi, la pagina di un saggio – sia esso di storia, di sociologia, di filosofia, di critica letteraria o altro – si presenta al lettore come una struttura più complessa, ma non per questo confusa e farraginosa.

In altre parole,  la brevità, oltre alla sincerità,  sono doti supreme per la stesura di un buon elaborato e non ha esiti migliori chi scrive tanto, ma chi riesce a dire molto in uno spazio breve.

Valori e criteri di giudizio sono per molti aspetti capovolti: chi riesce a inserire il maggior numero di informazioni nel più breve spazio possibile è giudicato con maggiore attenzione rispetto a chi si perde in digressioni, in esercizi virtuosi fini a se stessi, seppur ben confezionati.

E questo è un fatto.

Carlo Di Stanislao

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