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In attesa del Palio di S. Agnese

In attesa del Palio di S. Agnese

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L’origine della nostra strana festa, come si sa, è trecentesca. In quel periodo i maggiorenti della città i riunivano vicino alla Porta Rivera e più precisamente vicino il monumento della “Fontana delle 99 Cannelle”, magari davanti a un buon bicchiere di vino. Per parlare del più e del meno, di politica e di corna, di fatti e misfatti accaduti a conoscenti. Una festa che, come ho già avuto modo di dire (http://www.maldicenza.it/festival/2006/news_distanislao_01-13-2006.htm) è tradizione indotta dal desiderio rionale di sano antagonismo strapaesano ed allora come non ricordare l’origine ebraica del “benedire” e “maledire”, dare cioè forza o forza togliere al nostro vicini, parimenti, ed in momenti diversi, paesano o avversario.

Domenica sarò, invitato come presidente dell’Istituto Cinematografico La Lanterna Magica,  fra i giurati che dovranno giudicare il migliore fra i dodici brani, in rappresentanza di altrettante “Confraternite” agnesine.

E sarà un impresa gravosa doverne preferire uno su tutti, dando la possibilità, come da tradizione, al Sindaco della città, di premiarlo, a fine confronto, assieme al presidente dell’Associazione culturale dei Devoti di Sant’Agnese, Tommaso Ceddia, con il settimo Agnesino, facendo sì che la Confraternita abbinata, si appropri del secondo Palio di Sant’Agnese: stendardo finora detenuto dalla Congrega del Bar Gran Sasso,  dopo la vittoria nel 2009.

Gli Autori che dovrò giudicare, al ridotto del Teatro Comunale e a partire dalle 16, saranno, nell’ordine: Fabrizia Di Pietro, Rossana Crisi Villani, Mario Celi, Teresa Colaiuda, Daniela Rosati, Luciana Cucchiella, Stefano Carnicelli, Pio Di Stefano, Franco Villani, Fulvio Giuliani, Pina Vecchioli, Filippo Crudele, in rappresentanza delle confraternite: Nobile Accademia di Sant’Agnese; Congrega Sci-Muniti; Confraternita Miseria e Nobiltà; Confraternita Balla che te passa; Club Devote di Sant’Agnese; Gruppo Amici Sant’Agnese Pianola; Congrega Bar Gran Sasso; Congrega Giornalisti in Lingua; Nobile Confraternita Devoti della cantina Jemo ‘nnanzi; Congrega Gli Amici di Zeppetella – Tornmiparte; Congrega Esso quissi quissi esso.

E so già che tutti i brani mi piaceranno e tutti troverò acuti, insinuanti, divertenti e “pettegoli”, sicchè il giudizio sarà oltre modo difficile ed oneroso.

Così, mi ricorderò, nel giudicare (cosa che non mi è mai congeniale), di quanto affermavano Trotzki, Bordiga e Silone, a me cari per motivi diversi, sulla maldicenza, che mai deve essere denigrazione e critica non costruttiva, ovvero  fattore di demoralizzazione e freno dell’umano slancio.

Giulia Ziino, eccellente giornalista del Corriere, nel 2007 ebbe modo, parlando del gossip, oggi tanto patologicamente diffuso, di dire che la smania di conoscere e sparlare delle vite degli altri non deve mai diventare così soverchiante da sfociare nel malato: condizione che accade quando spiare gli altri diventa l’unico scopo della propria esistenza.

Senza contare i danni collaterali inferti quando esso degenera in inutile maldicenza. Essendo un medico ho letto i lavori (piuttosto ben solidi e recenti), secondo cui, raccontare o venire a conoscenza di un pettegolezzo stimola nel cervello la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore ad azione antidepressiva. In più, l’irresistibile istinto a voler sapere risponde al bisogno di confrontarsi con la comunità che ci sta intorno, sia quella più prossima (i vicini di casa) che quella irraggiungibile di vip e teste coronate. Ma il gossip non è utile solo al singolo: la tendenza a procurarsi e a comunicare notizie — istintiva nell’essere umano (maschio e femmina) fin dai tempi delle caverne — serve anche a rinsaldare le basi di una società tracciandone meglio i confini e l’identità.

Ma si tratta di farlo bene e con precisi limiti di ordine intellettuale e morale, ricordando che se Socrate è l’emblema del pettegolezzo filosofico, Dante è l’emblema del pettegolezzo letterario e la Divina Commedia è la più grande mistificazione della verità letteraria, ma è anche la più grande rivincita e vendetta che il più grande poeta del mondo si sia preso contro i suoi nemici.

Ciò che domenica non intendo passare o tollerare,  è la cifra per la quale le cose che si dicono o raccolgono sono l’espressione di malignità che arriva sino alla cattiveria.

E so che mi piaceranno meno tutti i contributi alla cui base ravviserò invidia:  un sentimento molto umano,  ma che va contrastato ad ogni suo apparire.

Ciò che orienterà, invece,  la mia scelta, sarà la linea di confine fra il ‘sano’ pettegolezzo che mette allegria e la maldicenza che affonda le radici nella calunnia e sconfina nella morbosità. E, comunque, domenica a teatro, ascoltando le 12 diverse trovate agnesine, riscoprirò che, in attesa che l’introiezione prevalga sulla proiezione, è bene considerare il pettegolezzo come un della verità, in cui le parole cessano di essere trappole e la risata ci salva dal prenderci troppo sul serio.

Di solito chi ha “pensieri indolori” (cioè che non derivano dal dolore) e gode di ottima salute non fa pettegolezzo. Si direbbe che sono i “pensieri dolorosi”, per usare una espressione di Proust, a fare diventare pettegoli gli smascheratori.

E noi aquilani, soprattutto ora, di dolore ne abbiamo da vendere e di cose da smascherare davvero a iosa.

Carlo Di Stanislao

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