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L’amore nella dottrina del Tao

L’amore nella dottrina del Tao

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In Cina l’amore si definisce “ai” e l’ideogramma che ne identifica gli aspetti ( ) mostra al centro il simbolo del cuore (“xin”), racchiuso nel pittogramma di respiro e circondato dal concetto di “movimento aggraziato”, per esprimere un sentimento che è fonte inesauribile d’ispirazione, che soffia la vita nel cuore e dona grazia e armonia all’intera esistenza. L’amore è, nel taoismo, uno dei Tre Tesori (san zhen), i quali sono delle massime etiche su cui dovrebbe basarsi l’esperienza di ciascuno. Questi tre dettami appaiono principalmente nel sessantasettesimo capitolo del Daodejing (道德經) e vengono definiti come i più begli insegnamenti di Laozi (老子). Arthur Waley, grande esperto di antica cultura cinese, identifica i Tre Tesori con il non essere aggressivi, l’essere sempre semplici e il non essere egocentrici, ma lasciare spazio a tutti di farsi sentire. Una definizione più dettagliata e filologica li fa apparire differentemente come l’essere compassionevoli (misericordiosi, generosi e caritatevoli), l’essere moderati (anche semplici, dunque) o spontanei (umani, sinceri, se stessi), l’essere modesti e non prevaricare gli altri.

Va ricordato che il Taoismo è una religione, una filosofia e una via di vita, istituzionalizzatasi all’incirca nel II secolo avanti Cristo, scaturendo da un movimento di pensiero nato dalla combinazione dell’antica filosofia cinese con le opere spirituali di Laozi, vissuto nel VII secolo a.C. Con 400 milioni di aderenti in Cina, Paese di cui per secoli ha caratterizzato la cultura, il Taoismo è in diffusione oggi anche in Occidente e viene catalogato come una delle principali religioni del mondo. Si tratta di una religione filosofica panteistica, la cui teologia è imperniata sul concetto del Tao (la “Via”), l’essenza prima che costituisce tutte le cose che esistono e il respiro primordiale che supporta la vita stessa. Il taoista dedica la propria vita alla ricerca dell’armonia con la natura, ovvero con il Tao, per poter raggiungere la completezza e l’unione con l’essenza dell’universo. Questa concezione escatologica insegna come fondamentale per la comprensione della vita sia la comprensione del Tao. Una volta che l’essere umano giunge alla consapevolezza di essere una scintilla dell’enorme potenziale di cui l’universo è costituito, egli trova la vera felicità, la realizzazione di se stesso, il vero senso della vita.

Una volta compresa la sua funzione l’uomo può rinnovare la propria esistenza e metterla a disposizione del mondo di cui fa parte, perché sarà divenuto un essere comprensivo, tollerante e in grado di condurre gli altri sulla via della crescita spirituale, sul sentiero da lui già intrapreso. La componente fondante dell’escatologia taoista è la comprensione del concetto di immortalità. Una volta compreso il Tao, l’essere umano può dunque sentirsi immortale e forte al punto giusto da divenire, esempio, guida, modello di vita. Una delle conseguenze dell’illuminazione taoista è l’abbattimento della morte. Compresa la sua immortalità l’essere umano capisce che la morte è in realtà un’illusione, un preconcetto, dato che così come in vita, anche dopo il trapasso ma soprattutto dopo il trapasso egli sarà in pieno allineamento con il Tao. La tradizionale raffigurazione metaforica della beatitudine spirituale sono le Isole Felici, mentre un illuminato taoista è detto xian. Tornando ai tre Tesori, possiamo dire, con più chiarezza, che essi sono compassione, semplicità e pazienza o, secondo altre traduzioni, amore, moderazione, umiltà e sono le virtù che dona la pienezza della vita che conduce verso i cosiddetti Tre Pruri o tre Purità o Purezze (san qing 三清,): le uniche considerati come allegorie delle tre fasi primordiali di manifestazione del Tao.

Secondo la teologia infatti il Tao è uno, ma essendo monistico si manifesta attraverso la produzione della vita e dell’esistenza, che sono molteplici e relative. L’uno si scinde in yin e yang, le forze polari corrispondenti alla seconda fase, la terza fase è invece simboleggiata dai Tre Puri, ovvero il Puro di Giada, Puro Superiore e il Grande Puro. Il Grande Puro, chiamato anche Santità Celeste della Via e della Virtù, è spesso associato a Laozi, il fondatore del Taoismo, rendendo quest’ultimo una sorta di religione rivelata. I Tre Puri sono la rappresentazione essenziale della molteplicità dell’esistenza, nella quale agiscono in perenne alternanza le due forze taoiche: lo yin e lo yang. Il Puro di Giada è permeato di compassione ed amore; quello Superiore da semplicità e moderazione, l’ultimo, infine, da pazienza ed umiltà. Nella visione taoista, semplicità e pazienza vanno di pari passo con la compassione e creano la saggezza nell’essere umano. La semplicità è estremamente importante, in quanto le azioni complesse provocano generalmente confusione, esagerazione e distruzione, sconvolgendo gli equilibri dell’universo poiché importano troppe strutture di tipo yang.

Agire nella semplicità comporta il vivere in modo più armonioso. Più un’azione è semplice più è vera. La pazienza è una chiave nel Taoismo, in quanto consente di placare i desideri frivoli e materiali. Avere pazienza significa anche giungere più facilmente ai propri obiettivi. La compassione è spesso il terzo valore taoista. Amore, è una traduzione alternativa. Secondo il precetto taoista secondo cui tutte le cose derivano dal Tao e ne fanno parte, una persona facendo del bene per gli altri, fa del bene anche a sé stessa, dato che come gli altri, fa parte di un’unica entità, una forza che pervade tutto l’universo. L’amore è quindi una virtù che sublima il corpo, lo trascende e spinge l’uomo verso la compassione, l’umiltà e l’interezza del Tao. Dell’antica parola greca eros le moderne lingue occidentali hanno conservato solo uno dei due significati, quello relativo all’amore corporeo e sessuale. Quando, nel suo Simposio, Platone parla di eros, si riferisce non solo all’attrazione corporea, ma anche a quella forza cosmica che, cercando il bello, riesce a risalire i vari gradi dell’Essere, di cui l’attrazione corporea è solo un primo stadio, un tramite.

La religione cristiana ha annullato tale mediazione tra amore corporeo – sessuale – ed amore spirituale, tanto che tra i due è nata una sorta di antagonismo: “Amor sacro e amor profano”, dicevano poeti e pittori. Ciò ha avuto due conseguenze: relegare l’amore sessuale, ovvero l’amor profano, in un ambito meramente fisiologico – tanto da crearne anche una scienza, la Sessuologia – ed innalzare l’amore spirituale – ossia l’amor sacro – su un piano di pressoché totale ineffabilità. Questa distinzione tra amor sacro e amor profano – così netta nel Cristianesimo, nella religione ebraica e in quella musulmana – risulta assai più sfumata nelle religioni e nelle filosofie dell’Estremo Oriente. Nel taoismo cinese, così come nel buddhismo e nell’induismo, non è presente alcun rifiuto della corporeità. Al contrario, quest’ultima é vista come un veicolo necessario a mettersi in comunicazione con la totalità cosmica. Perciò i sensi non vengono mortificati, bensì guidati a compenetrarsi con lo spirito. Spirito e materia, anima e corpo, non si contrastano, ma cercano di equilibrarsi e di armonizzarsi.

Nelle pratiche tantriche e nello yoga e nella pratiche taoiste è chiaramente presente l’idea che l’uomo sia una totalità inscindibile di materia e spirito che assieme crescono, si compenetrano e si armonizzano. L’amore è quindi sentimento erotico, passione e amicizia, senso di abbandono universale da abbracciare interamente e mai identificare come peccaminoso o vergognoso. Molto distante, quindi, dal concetto di eros del mondo occidentale. Innanzi tutto bisogna ricordare che, nell’occidente anche precristiano, Eros é un demone, ossia un qualcuno o un qualcosa che spinge l’uomo a desiderare non solo dei “corpi”, ma anche la verità. A questo punto si può sostenere che l’idea occidentale ha ucciso l’eros sia dal punto di vista fisiologico che da quello filosofico, perché la stessa filosofia é fondata sull’eros: il filein greco é eros verso sophia, ossia desiderio di sapienza. Non così in oriente, nel buddismo tantrico, nello zen e nel taoismo, ove eros è amore, desiderio controllato ed affinato al punto da non esserne più bramosi. In questo modo non opera una negazione della sessualità, quanto piuttosto una sublimazione della stessa e, in questo senso, l’attività erotica, dispiegata a tutti i livelli, non comporta né la distruzione né lo sbilanciamento, sempre che abbia come fine l’integrazione dell’uomo e la spinta alla fusione autentica verso l’altro.

In questo modo l’arte taoista dell’amore è una via lunga e complessa, che attraverso lo sviluppo interiore, porta alla consapevolezza della materia del corpo come pura energia. Come ha scritto Cesaretti, il cammino non è facile ed è necessario lavorare a lungo e soprattutto liberarsi dai condizionamenti e dalle resistenze di un ego che fa di tutto per impedire che “fare” l’amore diventi “essere” amore.

Carlo Di Stanislao

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