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Sabato con il coraggio delle scelte e la pelle in mostra

Sabato con il coraggio delle scelte e la pelle in mostra

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(di Carlo Di Stanislao) – Come da sua tradizione, premiati, al “Nonino” 2012, quattro pensatori non convenzionali: Hans Kung teologo molto critico nei confronti della dottrina cattolica; il poeta cinese dissidente Yang Lian; il neuroscenziato António R. Damasio e l’anticcademico inglese Micheal Burleight.
La premiazione sabato sera ad Udine, sul palco del teatro “Nuovo”, con un colloquio fra i premiati e Armando Massarenti, filosofo e responsabile del supplemento culturale della domenica de “Il Sole24 Ore”.
L’incontro, organizzato in collaborazione con il Comune di Udine dalla Nonino Distillatori, (azienda promotrice del riconoscimento), aperto al pubblico e gratuito, ha riguardato molti, interessanti temi.
La giuria, presieduta dal Nobel per la letteratura Vidiadhar Surajprasad Naipaul, ha confermato ancora una volta la propria cifra caratteristica, con scelte mai pedisseque ma controcorrente, colte ma inserite nel comune sentire del nostro tempo.
Un tempo di contraddizioni e deresponsabilizzazioni, con intercettazioni telefoniche su capi della protezione civile che decidono in anticipo di negare rischi concreti per una intera popolazione; amministratori che dicono non essere pericoloso costruire su faglie o aree fluviali e capitani che per primi abbandonano buon senso e navi, portate a naufragare.
Quattro premi sul senso di responsabilità e sul coraggio delle scelte, dove la coerenza è valore, soprattutto quanto assunta in modo molto scomodo rispetto alle idee dominanti.
Perché in un mondo occidentale (ed ex ricco) che dopo tanti anni di gestione scapestrata del denaro è costretto a riscoprire l’amaro sapore della parola crisi, sta senza alcun dubbio emergendo e crescendo il numero di chi si chiede se dopo il socialismo non sia ora il turno del sistema capitalista (e le sue conseguenze etiche e morali) di dover ammettere con onestà i propri limiti.
Limiti di cui ha parlato l’altro ieri al “Nuovo” di Udine proprio Hans Kun, teologo cristiano poco incline alla direzione “romana” e vaticana della chiesa, che ha denunciato in un libro di grande chiarezza e gradevolezza – il titolo è proprio Onestà. Perché l’economia ha bisogno di un’etica, (372 pagine, Rizzoli) – che in fondo oggi il Re Mercato se ne sta girando beatamente nudo, per le vie del mondo lasciando vedere le proprie vergogne.
In quel libro, magnifico e bello come una drammatica fiaba, Küng dice cose che sono ormai sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere e pur essendo per cultura, formazione e vita mille miglia lontano dal marxismo, cose che fanno storcere il naso a certi incalliti talebani del libero mercato, ai pericolosi sostenitori della scientificità numerica dell’economia, a quelli che “un altro sistema non c’è”, a quelli per intenderci arroccati dentro le mura di certi sancta santorum delle cifre (ma l’essere umano dov’è? a lui chi ci pensa?), come la scuola di Chicago.
Pur essendo Svizzero ed intriso, pertanto, di rigido calvinismo, Kun è stato per tutta la vita un contestatore di molte regole; un sacerdote che della religione cattolica rifiuta alcuni dogmi, a partire da quello dell’infallibilità del Papa (cosa che gli è costata la missio canonica). Kun è stato e resta non solo un teologo di indiscussa fama, forte di numerose esperienze conciliari, ma soprattutto un uomo di un mondo come quello attuale, dove sono ancora molti i pirati finanziari alla Bernard Madoff a piede libero, se non addirittura ammirati, e nonostante questo (o forse proprio per questo) si batte per la supremazia di parole e di concetti come decenza, decoro, onestà, addirittura di buone maniere.
Per la poesia, invece, è stato premiato il cinese Yang Lian che, oltre a parlare della perdita di democrazia nel suo Paese, ha anche espresso una forte critica nei confronti di “molti politici occidentali”, definendoli “esempi di cinismo sconvolgente, perché quando si siedono al tavolo dei negoziati economici con il governo cinese badano solo all’interesse e al profitto e sorvolano completamente sulle violazioni dei diritti umani”.
Più volte candidato al Nobel per la Letteratura,  vissuto a lungo in esilio dopo la repressione sanguinosa del dissenso in piazza Tienanmen nel 1989, Lian ha detto che è la poesia lo strumento migliore per collegare, eticamente, l’antico ed il moderno.
Autore di “In nome di Dio. Religione, politica e totalitarismo Da Hitler ad Al Qaeda “, Michael Burleigh, che insegna ad Oxford, è allo stesso tempo uno scrittore polemico e un grande storico, concentrato da anni sulla perenne vitalità dell’istinto religioso e il suo ruolo nelle vicende sociali e politiche del mondo moderno. Il terrorismo globale, la guerra santa, lo scontro di civiltà, la religione come poderoso movente politico sono problemi di drammatica attualità o una costante ricorrente della storia, problemi che Burleigh ha affrontato in modo molto coraggioso, eterodosso ed originale.
Negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, l’Europa, gravemente provata dal lungo conflitto, costituì un terreno ideale di coltura per le appassionate predicazioni di fanatici visionari e di profeti che offrivano “religioni politiche”, alternative a quelle ufficiali. Sorsero così, e si affermarono nel continente, movimenti che riuscirono a dar vita a totalitarismi con aspirazioni onnicomprensive: il comunismo, il fascismo, il nazionalsocialismo, i quali, pur con diversità anche rilevanti tra loro, proponevano il paradiso in terra, la giustizia sociale, la creazione di un “uomo nuovo”. Il Partito veniva idealizzato, il Capo quasi divinizzato, investiti entrambi di una dimensione «sacrale» nel corso di adunate e grandiose manifestazioni producendo inevitabili scontri con le Chiese ufficiali. Nel solco tracciato dai totalitarismi del Novecento trova la sua collocazione anche il recente movimento del fondamentalismo islamico: alla ricerca di un improbabile riscatto da una deludente situazione politica, economica, sociale del mondo musulmano in generale, viene promesso ai seguaci che il popolo dell’Islam, riunito sotto un solo governo (totalitario) e guidato da una sola legge, la sharia, potrà avviarsi a un luminoso futuro. Soltanto in parte, secondo Burleigh, il terrorismo di questa matrice può essere considerato un fenomeno nuovo: nella sostanza ricalca movimenti già presenti nel mondo occidentale (anarchici, nichilisti, Ira, Eta), e comunque non costituisce per il mondo una minaccia paragonabile al rischio di catastrofe nucleare che ha accompagnato gli anni della Guerra fredda. Con il suo lavoro, il docente di Storia ad Oxford ed economia alla London Shool, è tra i più attenti e lucidi analizzatori del rapporto tra politica e religione, con una continua messa in discussione di giudizi consolidati e antichi pregiudizi e, soprattutto, con grande senso di responsabilità e di coraggio.
Antònio R. Damasio, neuro scienziato portoghese, infine, già nel 1995 e nel saggio “L’errore di Caertesio”, ha avuto il coraggio di ribaltare la tradizione culturale che ha sempre svalutato le emozioni perché perturberebbero la serenità della ragione e dimostrato come, al contrario, esse siano alla base del buon funzionamento della mente: se l’uomo perde la capacità emozionale non è in grado di essere ragionevole. Negando la concezione cartesiana del dualismo mente-corpo,due elementi necessariamente scindibili, egli ha messo in evidenza l’azione reciproca del corpo e del cervello, che costituiscono un organismo unico e indissociabile.
Professore al Salk Institute for Biological Studies di La Jolla, in California, Damasio, dal 2005,è direttore del Brain and Creativity Institute dell’University of Southern California, dove è professore di neurologia, neuroscienze e psicologia .
Sempre sabato ad aprire la triennale di Milano ‘Pelle di donna’, mostra allestita sino al 12 febbraio, su idea della Fondazione Mazzotta, con la collaborazione di Boots Laboratories, che è una novità assoluta per l’Italia: un evento straordinario che unisce in se arte, scienza ed estetica, intorno al tema della pelle, la sua rappresentazione e la sua cura.
La mostra è strutturata in un percorso di sei sezioni, che affrontano in termini transdisciplinari il tema della pelle, della bellezza e dell’identità femminile ed è accompagnata dalla presenza costante di interventi di arte contemporanea. Introduce il tutto un gioco di corrispondenze tra macro e microcosmo, tra immagini della superficie di astri e pianeti e immagini dell’epidermide vista al microscopio.
Ampio spazio è dato agli artisti moderni e contemporanei che utilizzano i linguaggi più diversi, dalla pittura alla scultura, dal concettuale alle nuove tecnologie, fino al cinema sperimentale, anche con interventi site specific. Tra gli artisti in mostra: Giacomo Balla, Franz von Bayros, Vanessa Beecroft, Adriana Bisi Fabbri, Andrea Chisesi, Giuliana Cuneaz, Gillo Dorfles, Marcel Duchamp, Lucio Fontana, Grazia Gabbini, Robert Gligorov, Abel Herrero, Roy Lichtenstein, Luigi Maio, Lazhar Mansouri, Piero Manzoni, Alberto Martini, Bruno Munari, Giuseppe Penone, Marinella Pirelli, Pietro Pirelli, Karl Prantl, Man Ray, Odilon Redon, Auguste Rodin, Omar Ronda, Mimmo Rotella, Maia Sambonet, Alberto Savinio, Andreas Serrano, Toulouse-Lautrec, Andy Warhol, Tom Wesselmann, Vanessa Beecroft.
Un bel contraltare rispetto al premio “Nonino”, che incornicia le contraddizioni di un mondo che crede o si finge cultura, ma ha soprattutto bisogno di effimera visibilità.
A conclusione del percorso milanese, il visitatore giunge in un vero laboratorio scientifico interattivo e una stanza polisensoriale, dove è possibile ammirare opere di Bruno Munari, Karl Prantl, Pietro Pirelli e Giuseppe Penone, nonché a pezzi provenienti dall’Istituto dei ciechi di Milano e dal Museo tattile Anteros di Bologna e, semprte qui, ogni donna può lasciare la propria impronta “mettendoci la faccia”, attraverso lo scatto di una foto istantanea del suo volto che andrà a far parte di un’installazione a parete, testimonianza della bellezza più viva, attuale, reale.
Tante per dire che l’importante è esserci e non certo conoscersi, riflettere o essere, oltre l’immagine, qualcosa di chiaro e definito.
La mostra comprende anche testimonianze scientifiche, a partire dalle cere settecentesche della scultrice e anatomista Anna Morandi, con calchi di mani e di un volto femminile. C’è poi un “tunnel dei mostri”, in cui sono proiettati effetti cinematografici ripresi da vari film e dedicati ad alterazioni terrificanti della pelle. Contributi sono stati anche forniti dal Museo del tatuaggio di Milano e dal Museo Tattile di Bologna.
Ma il contributo mancante, mi pare, è la presenza di un visitatore capace di guardare oltre la forma.

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