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1954, una finestra sul mondo: la televisione

1954, una finestra sul mondo: la televisione

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Quando nel 1954 si accesero in Italia i teleschermi, milioni di adulti, che popolavano ed occupavano il loro tempo libero a chiacchierare o a giocare a carte con gli amici, a interessarsi delle vicende dei parenti o dei vicini, appare improvvisamente un “nuovo vicinato” la TV, che, per la prima volta, poteva offrire accesso immediato a luoghi, eventi e vicende lontani nel tempo e nello spazio.
I due programmi, divenuti il simbolo della prima fase dell’era televisiva in Italia, furono “Lascia o raddoppia?” “Campanile sera”: nel primo l’interesse dei telespettatori era attratto dal quiz e dalla personalità dei concorrenti, che erano, per lo più persone comuni che, sul video, diventavano personaggi, perché comunicavano in pubblico i fatti della propria vita, i propri gusti, i propri “tic” ed i propri guai; nel secondo parlavano dal video interi paesi, con le loro piccole storie, con le loro famiglie e le loro piazze.
Gli italiani, per mezzo della TV, diventavano, come affermò Carlo Levi, testimoni del valore pratico del sapere ed incominciarono ad apprendere “la lingua nazionale”, che, di giorno in giorno, erodeva i numerosi dialetti italiani.
La maggior parte del personale politico dirigente e degli intellettuali italiani non colse le profonde e complesse implicazioni della novità culturale,
rappresentata dalla TV, al contrario delle industrie elettromeccaniche (con fatturato 700-1000 miliardi) e del mondo economico in generale, che vedevano nel nuovo mezzo, un veicolo pubblicitario di particolare efficacia.
La pubblicità televisiva andò in onda per la prima volta il 3 febbraio 1957 e già alla fine di quell’anno i suoi proventi costituivano il 6% di quelli complessivi della RAI.
I “Caroselli” venivano attentamente controllati, al fine di evitare messaggi dal contenuto “diseducativo”.
Ad organizzare e gestire la televisione, appena dopo il suo avvento, fu essenzialmente una parte della Democrazia Cristiana e degli intellettuali ad essa legati, che vedevano nella TV la possibilità di educare le masse agli ideali cattolici e di “acculturare” opportunamente alla nascente società dei consumi.
I programmi ricreativi vengono sottoposti ad una rigida censura, l’abbigliamento della donna deve essere pudico. Dagli anni ’50 agli anni ’70 la Rai possiede il monopolio dell’informazione televisiva, la qual cosa permette al settimanale d’informazione TV7 di passare da due milioni di telespettatori a sette milioni di telespettatori nel 1963, nel 1966 si raggiungono circa 16 milioni di telespettatori.
Dagli anni ’50 ai giorni nostri, la RAI e’ la storia dell’Italia, e’ la nostra storia

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