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L’esposimetro d’oro a Ruzzolini con divagazioni

L’esposimetro d’oro a Ruzzolini con divagazioni

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(di Carlo Di Stanislao) – Cosa fa il direttore della fotografia in un film? La risposta non è semplice ma, in buona sostanza si può dire che, se un regista si occupa prevalentemente del lato narrativo della storia, di come si debbano susseguire gli avvenimenti e di come gli attori debbano interagire tra loro sul set, il direttore della fotografia, si occupa del lato artistico della questione, di come cioè le immagini dovranno essere composte e registrate sulla pellicola e dello stile che dovranno mantenere. La fotografia perciò è tutto il campo in cui il direttore dalla fotografia svolge il suo ruolo, un ruolo che Stefano Masi, nella Enciclopedia Treccani di Cinema, ha definito concentrato nell’asicurare “una coerenza figurativa all’immagine lungo l’intero arco del film, secondo le necessità del racconto, attraverso la disposizione sul set delle fonti naturali e artificiali di luce, in combinazione con la scelta dei negativi e degli obiettivi, prefigurando infine le risultanze dei processi di sviluppo e stampa”.

Un premio dedicato ai grandi direttori della fotografia è quello istituito dalla Associazioone Teramo Nostra in ricordo di Gianni di Venenzio, teramano, classe 1920, scomparso a Roma nel 1966, direttore della fotografia e, all’occorenza, operatore alla macchina, di cineasti come Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Mario Monicelli, Francesco Rosi, Alberto Lattuada, carlo Lizzani, Giamnnui Puccini, francesco Maselli, Mario Camerini e molti altri.

L’Esposimetro d’Oro alla Memoria della 18esima edizione del Premio è stato assegnato dalla giuria presieduta proprio da Stefano Masi a Giuseppe Ruzzolini e verrà consegnato ai familiari dello stesso, il prossimo 26 ottobre, nel corso della cerimonia di premiazione, che come ogni anno si terra’ presso il cineteatro Comunale di Teramo.

Ruzzolini, scomparso quest’anno all’età di 83 anni, ha firmato la sua prima direzione della fotografia nel 1966 con Maigret a Pigalle di M. Landi ed e poi ben presto divenuto uno degli “sguardi” più apprezzati e stimati del cinema italiano.

Con Paosolini collabora dal 1967 al 1974, dalla quale nasdono Edipo re (1967), Teorema (1968), Porcile (1969), Amore e rabbia (1969) e Il fiore delle mille e una notte (1974).

Negli stessi anni lavora con altri nomi importanti del cinema italiano (fra gli altri, i fratelli Taviani, G. Pontecorvo, S. Leone, C. Lizzani) e nel 1972 dirige la fotografia di Che?, uno dei film più complessi di R. Polanski.

Nel 1973 dirige la fotografia della’insolito western del montoriese Tonino Valerii “Il mio nome è nessuno”, prodotto da Sergio Leone (che ne diresse anche alcune scenee sceneggiato da Ernesto Gastaldi, che ebbe un grande successo di pubblico in Italia e all’estero.

Negli anni 90 illumina il corto di Clive Donner “Arrivederci Roma” con Gordon Thomson, Valentina Forte e Elsa Martinelli e “12 registi per 12 città”, prodotto dal’ Istituto Luce e con episodi di Bernardo e Giuseppe Bertolucci e Antonioni , Bolognini, Lattuada, Lizzani, Monicelli, Olmi, Mario Sodati, Gillo Pontecorvo, Francesco Rosi, Franco Zeffirelli e Lina Wertmüller.

Il suo ultimo lavoro è un film commerciale ma di eccellente fattura visiva: Body Gard – Guarda del corpo, uscito nel 2000, diretto da Neri Parenti ed interpretato dal duo De Sica Boldi.

Spero che nella cerimonia di consegna si proietti un altro film da lui splendidamente fotografato: “Lo scopne scientifico”, piccolo gioiello dimenticato di Luigi Comencini del 1972, con Alberto Sordi, Silvana Mangano, Joseph Cotten, Bette Davis, Mario Carotenuto e Domenico Modugno, una favola molto giusta sulla lotta dei deboli contro i potenti, con un plot (scritto da Sonego) semplice ma con un copmplesso contorno, con una cura in senso neorealistico dell’ambientazione romanache passa dalle catapecchie di periferia al castello della strega. Mario Carotenuto vi regala un’interpretazione giustamente premiata, è un intellettuale marxista da bar, rispettato dagli ignoranti e consultato in caso di bisogno. Pure la coppia Sordi – Mangano è stratosferica, meritano il David di Donatello, ben calati nella parte dei poveri borgatari con un’immedesimazione totale. Sordi è ancora una volta il mediocre che cerca di cambiare vita, ma viene travolto dagli eventi, anche quando pensa di potercela fare. Intensa l’interpretazione come uomo geloso della moglie, suo unico punto di riferimento, quando si sente male e vorrebbe suicidarsi perché è andata a giocare insieme al vecchio spasimante. Silvana Mangano è la donna di borgata, la popolana coraggiosa che non si arrende. Stupenda la scena finale con Peppino e Antonia che si abbracciano dopo l’ultima sconfitta: “Che c’importa dei soldi, noi ci vogliamo bene!”. Bette Davis è una perfida giocatrice che non comprende le necessità dei poveri, in fondo è una donna sola, senza cuore, con la passione del gioco. Joseph Cotten – per la terza volta in carriera accanto a Bette Davis – è l’amore della sua vita, ridotto a fare l’autista. I cinque figli che lavorano in un’azienda di pompe funebri e contribuiscono al menage familiare rappresentano un’idea surreale e divertente.

Oppure che si possa vedere un Leone meno proietatto di altri: “Giù la testa” (Duck You Sucker nella edizione inglese), dove Leone, usando al meglio il genio di Ruzzolini e la bravura di Steiger e Coburn, dilata le situazioni fino al limite della credibilità, usando principalmente lunghissimi sguardi “eloquenti” e silenzi “espressivi” e meritandosi il David 1972.

Ricordiamo che oltre al Di Venanzio, un altro Festival è dedicato alla miglior comprensione dell’arte fotografica nel Cinema: “Terre di Cinema2; che si svolge a Forza d’Agrò, in provincia di Messina e ha permesso, nel corso di questi ultimi anni di sognare, attraverso le immagini cinematografiche

L’erdizione di quest’anno, svoltasi dal 1° al 10 settembre, , con la formula consolidata dei workshop e delle masterclass durante l’intera giornata, e con la novità delle proiezioni serali, ha previsto una selezione di talenti emergenti della fotografia cinematografica internazionale, incontri aperti con registi e cast, proiezioni, workshop tecnici con le più importanti aziende del settore, diversi proiezioni di film in anteprima nazionale ed omaggi a grandi maestri della storia della fotografia nel cinema, il tutto attorno ad un Cinecampus internazionale formato dagli allievi di alcune fra le migliori scuole di cinema, a partire, naturalmente, dal Centro Sperimentale di Cinematografia e poi ancora la Luca-School of Arts (Belgio), la Tel Aviv University Film & Television Departmen e l’Estudio De Cine Barcelona, a comporre un partenariato internazionale destinato a crescere in ambito europeo e mediterraneo, con gli studenti impegnati nella realizzazione di una serie di promo d’autore dedicati alle location dei grandi film del passato girati nel distretto Taormina-Etna (Forza d’Agrò, Savoca, Casalvecchio siculo, S. Alessio, Taormina, Parco dell’Alcantara), prendendo ispirazione dal bellissimo libro “Il Cinema sopra Taormina”, a cura di Nini Panzera e con prefazione di Giuseppe Tornatore, un’opera da non perdere perché racchiude, come ha delle piccole-grandi scoperte: come il filmL’altro piatto della bilanciadi Mario Colucci, con Philippe Leroy e Catherine Spaak, che non era mai stato presentato al pubblico ed è stato proiettato per la prima volta al Taormina Film Fest dello scorso anno, o pellicole tedesche e austriache mai viste in Italia; e poi gli scorci memorabili di quello splendido luogo.

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