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Presenze in tv

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Il finale è rimasto aperto, in primo luogo perché gli intrecci erano eccessivi e poi per lasciare spazio, visto il successo, ad una possibile,  seconda stagione.

di Carlo Di Stanislao.
E’ finita ieri, con un trionfo da più di 7 milioni di spettatori e la palma a Rai uno per la prima serata, nonostante il duo Fazio-Saviano su La7 e l’intramontabile western di Leone su Rete 4, la serie “Una grande famiglia”, fiction tv a metà strada fra il kitch di “Beautiful” e il materno e familiare “Brothers and Sisters”, racconto in sei puntate apprezzato anche dalla critica, soprattutto per la bravura degli attori, sia i navigati che i giovani, tutti estremamente credibili ed in ruolo.
L’happy-end con il ritorno del figlio che sembrava morto, il salvataggio dell’azienda che sembrava perduta, la riunione della famiglia che sembrava divisa, si è semi-concluso con un primo piano su Alessandro Gassman, che lascia aperti molto interrogativi.
Sono stati ritrovati, grazie a Serafina, i venti milioni di euro precedentemente e misteriosamente scomparsi. Nicolò serenamente e felicemente fa coming out e tutta la famiglia (come nelle migliori tradizioni televisive) accetta e sorride. “Il figlio dei cessi”, Ruggero, sposa Nicoletta e l’evento è da festeggiare, riunendosi in famiglia e mentre tutti sono intenti a mangiare, bere, ridere e sorridere fa la sua apparizione (miracolosa) Edoardo che a dispetto di tutto ciò che in molti pensavano è vivo e vegeto. Stupore, lacrime gioia. Gioia di tutti, anche di Raoul – suo fratello – che si era riuscito ad aprire (da leggersi come innamorarsi) di Chiara – sua cognata e moglie del presunto defunto Edoardo -.
Edoardo però ha qualcosa da dire “Siamo ancora in pericolo”.
E così si chiude con sospensione, almeno per ora.
Grande successo, con 3 milioni 36 mila telespettatori per “Quello che (non) ho, 12,66 per cento di share, terzo risultato più alto in prima serata e record per la rete di Telecom Italia Media in prime time. Tra gli ospiti della prima puntata: Pierfrancesco Favino, Dori Ghezzi, Raphael Gualazzi, Francesca Inaudi e Pupi Avati.
Lo show di “parole” ha toccato picchi del 18,45 per cento di share (alle 24.11) e di 4 milioni 156 mila telespettatori (alle 22.13) Il picco più alto è stato registrato in chiusura di puntata, durante lo scambio tra Fazio, Saviano e la Littizzetto su “quello che ho” e “quello che non ho”.
Questa sera, sempre con inizio alle 21,10, lo scrittore napoletano spiegherà come le mafie comunicano e come riescano a scambiarsi informazioni e ordini senza che questi costituiscano prova di reato, utilizzando parole il cui significato parallelo può essere interpretato solo da chi appartiene a quel mondo e dagli addetti ai lavori.
Poi si soffermerà sulle donne che si ribellano alle leggi dei clan e che decidono di collaborare con la giustizia e infine introdurrà degli ospiti che hanno in comune una privazione: quella della libertà.
Sono gli scortati: l’Italia, infatti, è uno dei Paesi occidentali con il più alto numero di giornalisti, scrittori, imprenditori sotto scorta.
L’ambizioso obbiettivo delle tre serate comperata a scatola chiusa da La7, è quello di raccontare in diretta l’Italia ai tempi della crisi attraverso le parole.
Uno dei monologhi di ieri di Saviano è stato e dedicato ai suicidi degli imprenditori del Nord-Est.
Ma anche storie a lieto fine, raccontate partendo da una parola, scelta da una persona comune dal pubblico da casa e un personaggio famoso.
Un raduno civile fatto di racconti, testimonianze, canzoni e monologhi.
Parole piccole, concrete ci tengono a sottolineare i due presentatori. L’idea di Fazio e Saviano è quella di costruire un vero e proprio dizionario, una bacheca di ricordi ed emozioni condivisibile con tutti.
Poche ore prima dall’inizio della trasmissione di ieri, è impazzata la polemica.
Giuliano Ferrara domenica 13 maggio aveva pubblicato sul Foglio un editoriale al vetriolo incentrato sulla figura di Saviano e sulla sua partecipazione al programma con Fazio. Una critica durissima all’autore di Gomorra, definito”uno che non ha mai detto nulla di interessante, che non ha un’idea in croce, che scrive male e banale, che parla come una macchinetta sputasentenze, che brancola nel buio di un generico civismo, che è stato assemblato come una zuppa di pesce retorico a partire da un romanzo di successo”.
Ma è evidente che tre milioni e passa di italiani non la pensano così, mentre pessimi sono, dopo la cacvciata di Minzolni, i suoi ascolti su Rai1 per la trasmissione “Qui radio Londra”, tanto che la Rai cerca di metterci una pezza, cercando di spostare l’Elefantino e la sua scrivania rotante in coda all’edizione delle 13.30, lì dove con “Beautiful” Canale 5 già domina gli ascolti e c’è veramente poco da fare.
Certo lo stipendio di Ferrara, per contratto, non cambia in relazione agli ascolti, ma comunque è evidente che il telecomando è ancora straordinario strumento di democrazia.

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