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Venti giovani studenti abruzzesi alla Princeton University per la Scuola Estiva di Fisica

Venti giovani studenti abruzzesi alla Princeton University per la Scuola Estiva di Fisica

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(di Nicola Facciolini)-Immoti manent in scientia. I giovani abruzzesi risorgono dalle macerie del terremoto di L’Aquila del 6 aprile 2009 (Mw=6.3) grazie all’impegno di Enti e Istituzioni di ricerca del calibro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, delle Università di L’Aquila e Princeton. In questi giorni d’estate, dal 23 luglio al 13 agosto 2011, venti (20) giovani studenti delle scuole superiori abruzzesi, selezionati su oltre 190 partecipanti, hanno varcato la soglia (“Conosci te stesso”) della Princeton University per partecipare con impegno e profitto all’ottava edizione della Scuola Estiva di Fisica Gran Sasso-Sud Dakota-Princeton, in programma nel prestigioso campus universitario degli Stati Uniti d’America. Il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (Infn) è da sempre in prima linea nella promozione della scienza, della tecnologia e della formazione permanente sul territorio. Gli esperimenti scientifici, le pubblicazioni internazionali e i risultati conseguiti indicano che siamo sulla buona strada per trasformare l’Abruzzo in una miniera di scienza, conoscenza e ricerca al servizio della pace, dello sviluppo economico e sociale. Le giovani promesse scientifiche d’Abruzzo sbarcate negli Usa, sono gli studenti: Asci Simone (Avezzano), Bellitti Matteo (Pescara), Brandolini Leonardo (Pratola Peligna), Cerritelli Pietro (Pescara), Mazzocchetti Luca, De Cosmo Giove (Pescara), Del Bonifro Francesca (Vasto), Di Pretoro Alessandro (Pescara), Gualtieri-Lara Matias (Pescara), Iovennitti Andrea (L’Aquila), Iubatti Antonio (Giulianova), Pasti Fabio (Montesilvano), Rante Salvatore (Sulmona), Rustignoli Nicola (Lanciano), Sabatini Anna (Lanciano), Salvatore Giovanni (Popoli), Scafa Antony Kevin (Città S. Angelo), Scopa Stefano (Vasto), Sposetti Caterina (Pescara), Taglieri Francesca (Pescara). La Scuola è organizzata dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (Infn) in collaborazione con la prestigiosa Università di Princeton. Gli studenti abruzzesi hanno piacevolmente trascorso, con alcuni loro colleghi del South Dakota, un periodo di formazione pre-universitaria. Nonostante il grave sisma che ha colpito L’Aquila il 6 aprile, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e gli sponsor della pregevole iniziativa, hanno ritenuto di dover comunque dar seguito alla Scuola di Fisica per dare un segnale di ripresa e di speranza a tutti i giovani abruzzesi. Gli studenti per tre settimane, dal 23 luglio al 13 agosto 2011, hanno seguito nel Campus dell’Università di Princeton lezioni di fisica, astrofisica e inglese. I nostri “scienziati…in erba” hanno partecipato a seminari e incontri speciali con ricercatori italiani che lavorano da anni negli States, in particolare nel dipartimento di fisica della Princeton University, a caccia di neutrini, raggi cosmici e materia oscura. I venti studenti abruzzesi delle classi quarta e quinta superiore, sono stati selezionati con un concorso. Gli scienziati Infn e i loro colleghi americani, per questa ottava edizione, hanno pensato bene di estendere il programma a dieci studenti del Sud Dakota (Usa) che, dopo aver trascorso alcuni giorni ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, hanno poi raggiunto l’Università di Princeton per aggregarsi al gruppo degli studenti italiani selezionati. Il Sud Dakota è lo Stato americano (il cui nome è un tributo alla famosa tribù dei Nativi Americani Lakota Sioux) dove è stata proposta la realizzazione di un laboratorio di fisica simile al Gran Sasso per lo studio dei neutrini. Ai nostri studenti partecipanti vengono offerti vitto e alloggio all’interno del Campus di Princeton e il biglietto aereo di andata/ritorno. Inclusi nel programma vi sono visite a New York, Philadelphia, Washington D.C., nonché a località di rilevante importanza storica nei pressi di Princeton che è una piacevole città universitaria ad un’ora di treno da New York e Filadelfia. Princeton offre molte attrazioni durante l’estate. Gli studenti hanno alcuni pomeriggi e il fine settimana liberi, per esplorare la zona e godere l’atmosfera di uno dei più bei campus negli Stati Uniti d’America. Perché la Scuola di Fisica si svolge a Princeton? Nel 1905, Albert Einstein pubblicò tre articoli rivoluzionari che crearono le basi di tre fondamentali teorie fisiche: la teoria della relatività, la teoria quantistica e la teoria del moto browniano. Il prestigio di Princeton si deve alla qualità dei suoi docenti, tra i quali si annoverano molti premi Nobel. Albert Einstein visse e lavorò a Princeton per ben trent’anni. Tra le attrazioni storiche segnaliamo il campo di battaglia di Princeton, dove il generale Washington sconfisse gli Inglesi durante la Rivoluzione Americana del 1776. Gli studenti abruzzesi hanno l’opportunità di conoscere e frequentare gli studenti americani delle scuole locali. In effetti, i nostri “magnifici” stanno incontrando i loro coetanei americani per partecipare anche ad attività sociali organizzate da enti locali. Un interessante programma di collaborazione tra l’Università di Princeton e il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn, che nasce dall’idea di Frank Calaprice, professore di fisica alla Princeton University, impegnato con il suo team di fisici in una serie di ricerche sui neutrini solari presso i Laboratori del Gran Sasso, nel cuore del Gigante degli Appennini. La realizzazione del progetto è stata resa possibile dal contributo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Dipartimento di Fisica della Princeton University, coadiuvati da sponsor abruzzesi quali le Amministrazioni provinciali de L’Aquila e di Teramo, la Micron Technology Italia e la Carispaq. Scienza o fede? Il beato pontefice Giovanni Paolo II ha sempre difeso la Scienza al servizio dell’Umanità. Il dibattito è attualissimo alla luce dei recenti documenti della Chiesa Cattolica diffusi in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù AD 2011 in Spagna. Scriveva il beato Giovanni Paolo II nel documento “Gli uomini di scienza e Dio” del 17 luglio 1985:“È opinione abbastanza diffusa che gli uomini di scienza siano generalmente agnostici e che la scienza allontani da Dio. Che cosa c’è di vero in questa opinione? Gli straordinari progressi compiuti dalla scienza, particolarmente negli ultimi due secoli, hanno talvolta indotto a credere che essa sia in grado di dare risposta da sola a tutti gli interrogativi dell’uomo e di risolverne tutti i problemi. Alcuni ne hanno dedotto che non ci sarebbe più, ormai, alcun bisogno di Dio. La fiducia nella scienza avrebbe soppiantato la fede. Tra scienza e fede — si è detto — occorre fare una scelta: o si crede nell’una o si abbraccia l’altra. Chi persegue lo sforzo della ricerca scientifica, non ha più bisogno di Dio; viceversa, chi vuol credere in Dio, non può essere uno scienziato serio, perché tra la scienza e la fede c’è contrasto insanabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso una convinzione ben diversa. Nella costituzione Gaudium et spes (n. 36), si afferma:«La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine nel medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che lo avverta, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quelle che sono». Di fatto, si può rilevare che sempre sono esistiti ed esistono tuttora eminenti uomini di scienza, che nel contesto della loro umana esperienza scientifica hanno positivamente e beneficamente creduto in Dio. Un’indagine risalente a cinquant’anni fa, fatta con 398 tra i più illustri scienziati, rilevò che solo 16 si dichiararono non credenti, 15 agnostici e 367 credenti (cf. A. Eymieu, La part des croyants dans les progrès de la science, Perrin 1935, p. 274). Ancor più interessante e proficuo è rendersi conto del perché molti scienziati di ieri e di oggi vedono non solo possibile, ma felicemente integrabile la ricerca scientifica rigorosamente condotta col sincero e gioioso riconoscimento dell’esistenza di Dio. Dalle considerazioni che accompagnano sovente come un diario spirituale il loro impegno scientifico, sarebbe facile vedere l’incrociarsi di due elementi: il primo è come la stessa ricerca nel grande e nel piccolo, portata avanti con estremo rigore, lasci sempre spazio a ulteriori domande in un processo senza fine, che svela nella realtà un’immensità, un’armonia, un finalismo non spiegabili in termini di causalità o mediante le sole risorse scientifiche. A ciò si aggiunge l’ineliminabile domanda di senso, di più alta razionalità, anzi di qualcosa o di qualcuno capace di soddisfare bisogni interiori, che lo stesso raffinato progresso scientifico, lungi dal sopprimere, acuisce. A ben vedere, il passaggio all’affermazione religiosa non avviene per sé in forza del metodo scientifico sperimentale, ma in forza di principi filosofici elementari, quali quello di causalità, di finalità, di ragione sufficiente, che uno scienziato, come uomo, si trova ad esercitare nel quotidiano contatto con la vita e con la realtà che studia. Anzi, la condizione di sentinella del mondo moderno, che per prima intravede l’enorme complessità e insieme la meravigliosa armonia della realtà, fa dello scienziato un testimone privilegiato della plausibilità del dato religioso, un uomo capace di mostrare come l’ammissione della trascendenza, lungi dal nuocere all’autonomia e ai fini della ricerca, la stimoli invece a superarsi continuamente, in un’esperienza di autotrascendimento rivelativo dell’umano mistero. Se poi si considera che, oggi, i dilatati orizzonti della ricerca, soprattutto in ciò che attiene le sorgenti stesse della vita, pongono inquietanti interrogativi circa il retto uso delle conquiste scientifiche, non ci si stupisce che sempre più frequente si manifesti negli scienziati la richiesta di sicuri criteri morali, capaci di sottrarre l’uomo a ogni arbitrio. E chi, se non Dio, potrà fondare un ordine morale, nel quale la dignità dell’uomo, di ogni uomo, sia stabilmente tutelata e promossa? Certo, la religione cristiana, se non può considerare ragionevoli certe confessioni di ateismo o di agnosticismo in nome della scienza, è però altrettanto ferma nel non accogliere affermazioni su Dio che provengano da forme non rigorosamente attente ai processi razionali. A questo punto sarebbe assai bello far ascoltare in qualche modo le ragioni per cui non pochi scienziati affermano positivamente l’esistenza di Dio e vedere da quale personale rapporto con Dio, con l’uomo e con i grandi problemi e valori supremi della vita essi stessi siano sostenuti. Come sovente il silenzio, la meditazione, l’immaginazione creativa, il sereno distacco dalle cose, il senso sociale della scoperta, la purezza di cuore siano potenti fattori che aprono loro un mondo di significati che non possono essere disattesi da chiunque proceda con eguale lealtà ed amore verso la verità. Basti qui il riferimento a uno scienziato italiano, Enrico Medi, scomparso pochi anni or sono. Egli affermava in un suo intervento al Congresso catechistico internazionale di Roma nel 1971:«Quando dico a un giovane: guarda, là c’è una stella nuova, una galassia, una stella di neutroni, a 100 milioni di anni luce di lontananza. Eppure i protoni, gli elettroni, i neutroni, i mesoni che sono là sono identici a quelli che stanno in questo microfono… L’identità esclude la probabilità. Ciò che è identico non è probabile…Quindi c’è una causa, fuori dello spazio, fuori del tempo, padrona dell’essere, che all’essere ha dato di essere così. E questo è Dio…L’essere, parlo scientificamente, che ha dato la causa alle cose di essere identiche a un miliardo di anni luce di distanza, esiste. E di particelle identiche nell’universo ne abbiamo 10 elevato alla 85sima potenza…(Oggi il fisico Stephen Hawking, nel suo libro “Il Grande Disegno”, parla della possibile esistenza di 10 elevato alla 500sima potenza di universi tutti diversi dal nostro, NdA). Vogliamo allora accogliere il canto delle galassie? Se fossi Francesco d’Assisi, direi:”O galassie dei cieli immensi, laudate il mio Signore, perché è onnipotente e buono. O atomi, o protoni, o elettroni, o canti degli uccelli, o spirare delle foglie e dell’aria, nelle mani dell’uomo, come preghiera, cantate l’inno che ritorna a Dio!”»”(Atti del II Congresso catechistico internazionale, Roma, 20-25 settembre 1971). Per Roberto Marotta, Presidente Fondazione Carispaq, in rappresentanza delle altre fondazioni di origine bancaria abruzzesi: Carichieti, Tercas e Pescarabruzzo che hanno sostenuto finanziariamente il progetto, “la Scuola Estiva nella Princeton University è un’iniziativa di grande spessore culturale perché offre una grande opportunità ai giovani abruzzesi e per questo le quattro fondazioni abruzzesi hanno voluto sostenerla. Accade sempre più spesso che le fondazioni si uniscano per supportare iniziative di particolare importanza e che abbiamo delle ricadute su tutto il territorio regionale. La Scuola Estiva Gran Sasso-Princeton è proprio una di queste”. Lucia Votano, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si è dichiarata “orgogliosa dei 20 migliori studenti Abruzzesi che hanno avuto la straordinaria opportunità di vivere e studiare in uno dei più famosi campus universitari del mondo. Vorrei ringraziare tutti sostenitori di questo progetto che in un momento di crisi finanziaria importante hanno reso possibile l’ottava edizione della Scuola Estiva di Princeton”.

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